SERRADIFALCO, DIMESSO DALL’OSPEDALE L’IMPIEGATO DEL COMUNE POSITIVO AL CORONA VIRUS, GAETANO GAROFALO E’ GUARITO CLINICAMENTE E VIROLOGICAMENTE- VIDEO
Scritto da Alberto Barcellona on 13 Aprile 2020
SERRADIFALCO, DIMESSO DALL’OSPEDALE L’IMPIEGATO DEL COMUNE POSITIVO AL CORONA VIRUS, GAETANO GAROFALO E’ GUARITO CLINICAMENTE E VIROLOGICAMENTE
Pasqua a casa per Gaetano Garofalo. L’impiegato comunale sessantaduenne nel tardo pomeriggio dello scorso sabato è stato dimesso dall’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta. Nel cui reparto di malattie infettive era stato ricoverato 17 giorni prima, poiché positivo al coronavirus. I medici del nosocomio lo hanno dichiarato “guarito clinicamente e virologicamente”. Per i sanitari, dunque, Garofalo è divenuto “immune al virus covid-19”. A tale risultato i medici che lo avevano in cura sono giunti dopo che due consecutivi tamponi, cui il sessantaduenne è stato sottoposto prima di essere dimesso, hanno entrambi dato “esito negativo”. Stesso esito negativo avevano avuto i tamponi cui erano stati sottoposti la moglie e il figlio dell’impiegato, quando questi era risultato positivo.
La degenza. In ospedale l’impiegato comunale era finito il 25 marzo scorso. “Nei giorni precedenti – racconta Garofalo – avevo avvertito alcuni malesseri: spossatezza, dolori muscolari e articolari. E, in una sola occasione, febbre poco sopra i 37 gradi”. A suggerire il ricovero in ospedale, e ad accompagnarlo personalmente al pronto soccorso del Sant’Elia, è stato il figlio ventiseienne Filippo, infermiere presso l’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento. Racconta ancora Garofalo: “La mattina del 25 marzo, nel salire le scale di casa, ho avuto affanno. Ne ho parlato con i miei cari. Mio figlio mi ha subito misurato la saturazione dell’ossigeno, con un saturimetro. Intuendo che era necessario il ricovero in ospedale. E che non esistevano le condizioni per poter pensare “mi curo in casa”. Se adesso sono guarito, lo debbo anche alla grande professionalità mostrata da mio figlio. Grazie a lui sono arrivato in ospedale quando la malattia era ancora all’esordio. Il momento migliore per affrontare il virus e sconfiggerlo”. La guarigione del sessantaduenne è stata progressiva. Anche se in realtà Garofalo non ha mai accusato sintomi gravi. Tanto che in ospedale, durante la degenza, si è prodigato per dare un mano di aiuto ai ricoverati, nel suo stesso reparto, meno autosufficienti di lui. “In realtà – commenta Garofalo –, sono stati loro ad aiutare me: mi hanno offerto il modo migliore per trascorre bene ogni interminabile minuto delle mie giornate di degenza”.
I ringraziamenti. Gaetano Garofalo non si dice “grato” soltanto al figlio Filippo. I suoi ringraziamenti li rivolge anche agli altri componenti della sua famiglia. La moglie e la figlia. “Mi sono sempre stati vicini, dandomi il conforto necessario. E quando sono ritornato a casa, mi hanno donato il calore della famiglia. L’unica “medicina” capace di riportarti alla quotidianità”. Il sessantaduenne ringrazia anche i suoi “amici fraterni”. “Che – afferma –, con la massima discrezione, hanno fatto l’impossibile per essere vicini, moralmente e materialmente, non soltanto a me ma anche alla mia famiglia. Costretta, com’era, giustamente, a rimanere a casa”. Garofalo ringrazia anche i volontari della Croce rossa italiana di Serradifalco e della locale associazione di protezione civile “Avs – Marco Aurelio”. “Anche loro si sono prodigati a portare direttamente a casa quanto è stato necessario e utile ai miei cari”, chiarisce Garofalo. Che rivolge poi un “grazie particolare”, al sindaco di Serradifalco Leonardo Burgio. “Innanzitutto, per tutto quello che ha fatto per me e per altri serradifalchesi ricoverati assieme a me – precisa Garofalo –. E poi per come si è speso in questa difficile situazione emergenziale a favore dell’intero paese”. I cui cittadini, ricorda ancora l’impiegato, sono stati esempio di “vicinanza, affetto e rispetto” nei suoi confronti e dei suoi cari. “Ho ricevuto centinaia e centinaia di messaggi di solidarietà. Anche da parte di chi non me lo sarei mai aspettato”, ricorda Garofalo. I cui ringraziamenti vanno anche, “se non soprattutto”, al personale dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta. “Ai medici, che da dietro le quinte, hanno organizzato e gestito la terapia sperimentale cui sono stato sottoposto e grazie alla quale sono guarito. Agli infermieri e agli operatori socio sanitari che fanno fronte, 24 ore su 24, alle esigenze di ogni ricoverato”. Di questi ultimi, Garofalo si dice certo che “essendo in trincea, in prima linea in questa strana guerra, si sono guadagnati sul campo quel contratto a tempo indeterminato che attendono da tempo, ancor più e meglio di un qualsiasi concorso cui potrebbero partecipare”.
Le riflessioni. “La gioia di tornare a casa” di Gaetano Garofalo “è stata offuscata dalla notizia della prematura morte di Calogero Pera”. “Un ragazzo eccezionale alla cui famiglia sono vicinissimo”, afferma il sessantaduenne. Il quale ricorda di avere “sempre sperato nella guarigione e nelle dimissioni di tutti e tre i serradifalchesi ricoverati al Sant’Elia”. In quanto ai tanti momenti vissuti durante la degenza in ospedale, uno gli è rimasto impresso in modo particolare. “Quello della morte di un compagno di stanza che dormiva nel letto adiacente al mio”. Racconta, infine, Garofalo: “Il primo messaggio che ho scritto, quando sono tornato a casa, l’ho inviato a un mio amico. Per dirgli che, dopo avere avuto la fortuna di uscire dall’inferno in cui ero entrato, niente per me sarà più come prima. Vedrò tutto in una nuova ottica. Nessuno potrà mai divenire mio nemico. Qualsiasi cosa accada o possa essermi fatta”.
Totò Benfante
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