I risultati pubblicati su The Lancet parlano di un prodotto sicuro e capace di attivare il sistema immunitario, almeno in modo parziale.
Dei quindici candidati vaccini in sperimentazione al mondo, otto sono cinesi. La CanSino ha fin da subito collaborato con l’Accademia Militare delle Scienze e ha avviato una sperimentazione sull’uomo anche in Canada. “Gli scienziati militari hanno ricevuto l’ordine di vincere la guerra globale per mettere a punto il vaccino” titolava il 19 marzo il South China Morning Post.
La generalessa Chen Wei, che è anche epidemiologa, se lo è iniettata da sola prima ancora che i test sugli animali rassicurassero sulla mancanza di effetti collaterali.
Il vaccino di CanSino usa il metodo del cosiddetto “vettore virale”. Contiene cioè un virus benigno (un adenovirus come quello del raffreddore), capace di diffondersi nell’organismo senza farlo ammalare. Nel genoma di questo virus vettore i ricercatori hanno aggiunto un frammento di Dna artificiale. Vi sono scritte le istruzioni che permetteranno alle nostre cellule di fabbricare la cosiddetta proteina spike. La spike è la punta della corona del coronavirus: quella parte che viene riconosciuta dal nostro sistema immunitario ed è in grado di suscitare una reazione delle nostre difese.
In tempi normali, dopo la fase uno e due delle sperimentazioni dovrebbe seguire la fase tre: un’ulteriore prova condotta su migliaia di persone che permette di affinare i dosaggi, di valutare meglio gli effetti e di essere ancora più certi dell’assenza degli effetti collaterali. Molte aziende, di fronte alla pandemia, stanno saltando la fase tre, o la accorpano alla due. La decisione di usare il vaccino di CanSino su una coorte di migliaia di persone generalmente sane, come appunto i militari, può essere vista dal punto di vista medico come un’alternativa alla fase tre. Ma dal punto di vista geopolitico, il messaggio è ribaltato: i cinesi sono i primi nella gara, e la loro priorità non sono le fasce deboli della popolazione. Al contrario, sono le più forti.