Riaprono i ristoranti, ma i clienti hanno voglia di frequentarli?
Scritto da Redazione RCS RADIO SICILIA on 16 Maggio 2020
Riaprono i ristoranti, ma i clienti hanno voglia di frequentarli?
The Fork e TripAdvisor hanno condotto un’indagine in tutta Europa sui pensieri e le modalità, per utenti e ristoratori, del ritorno alla normalità fra i tavoli.
Indovina chi (ri)viene a cena. I ristoratori non vedono l’ora di riaprire. Ma anche gli italiani non vedono l’ora di tornare nei loro locali? La risposta è tutt’altro che scontata. Una ricerca condotta da The Fork e TripAdvisor in Italia e all’estero, che può dare utili indicazioni sui possibili contorni dell’immediato futuro in questo settore, ritrae una popolazione divisa in due atteggiamenti.
Riaprono i ristoranti, ma i clienti torneranno davvero?
Alla domanda “Tornerete a frequentare i ristoranti? In che misura?”, rivolta a 1500 utenti sul territorio nazionale, solo il 36 % ha risposto: “Sì, come prima, più di prima” con l’intenzione di recuperare i mesi di quarantena riprendendo le abitudini precedenti e in qualche caso anche aumentando la frequenza di pranzi e cene fuori casa. Ma per il 57% non se ne parla, al ristorante andranno molto meno, o non ci andranno del tutto. Posizione che si accentua in alcune regioni, come la Campania, dove la risposta è stata espressa dal 69% degli interpellati. Mentre in altre, comprese Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, maglie nere dei contagi, le percentuali rispettano i dati nazionali: il 36-38% è impaziente di tornare alle abitudini di prima. Il 66% delle persone, comunque, ritiene che la garanzia di trovare nei locali il rispetto delle misure di sicurezza sia condizione indispensabile per decidere di frequentarli. Di contro il 67% dei ristoratori è impaziente di riaprire e il 21% pensa che per compensare la diminuzione dei coperti dovuta al distanziamento dei tavoli aumenterà i turni (e quindi le ore di lavoro). Più della metà dichiara che non ritoccherà i prezzi, ma in realtà molti pensano a introdurre qualche voce più economica (il 76%): menu degustazione meno cari (80%) o vari omaggi, come drink o dolci (52%).
Ma quali sono le motivazioni che invece trattengono molti potenziali clienti dal decidere di tornare al ristorante con la frequenza di prima? Per il 43% di chi si è espresso in questo senso, la ragione è la più semplice: la paura del contagio, il timore che anche le precauzioni previste e messe in atto non siano sufficienti a scongiurare i rischi. Per il 27% si tratta invece di una questione di stile, di piacevolezza: impossibile, per loro, pensare che cenare in un locale con tutte quelle misure restrittive possa dare lo stesso piacere che si aveva prima. Ma c’è anche un buon 45% che dice senza giri di parole una verità molto amara: la pandemia ha messo in crisi molti settori, a diverso titolo quasi tutti, e di soldi, da ora in poi, non ne gireranno più tanti, perciò anche la cena al ristorante sarà una voce da eliminare dai bilanci di molte famiglie. Nel complesso, tra scettici ed entusiasti, il ritorno al gusto di andare al ristorante avverrà, per l’87% degli intervistati, in un lasso di tempo ampio, cioè entro tre mesi. Il 56% sarà più invogliato se ci sarà la possibilità di avere un tavolo all’aperto, mentre il 33,6% si sentirà rassicurato dalla lettura di recensioni positive rispetto all’esistenza e all’efficienza delle famose misure contenitive.
Takeaway e delivery, nel frattempo, continueranno a giocare un ruolo importante per la sopravvivenza dei locali e per la soddisfazione dei clienti. Le cifre relative a queste modalità, che cresceranno per numero di utenti e frequenza di utilizzo, sono in realtà approssimate per difetto, perché riguardano chi si serve delle piattaforme per ordinare, ma moltissimi ristoratori, nel frattempo, si sono organizzati in proprio, sia per conservare i posti di lavoro del personale, che effettua le consegne direttamente, sia per evitare di pagare le percentuali richieste dalle piattaforme di consegna.
Questa situazione è più o meno simile in Italia e Spagna, la nazioni più colpite dal virus, mentre maggior ottimismo viene rilevato in altri Paesi europei, dove si pensa di tornare a frequentare i ristoranti come prima, nel giro di un mese.
Da: LaRepubblica