Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi del Lazio, porta il disaccordo della dirigenza scolastica. “Lo scaglionamento di un’ora è già partito”, spiega, “allargarlo non è possibile. Il 48 per cento degli istituti superiori sono tecnici e professionali, alloggiati in periferia. Molti studenti vengono dalla provincia, l’enorme hinterland di Milano, Roma, Napoli. Come fai a chiedere a questi ragazzi di entrare alle 10,30, alle 11, e di uscire da scuola alle cinque del pomeriggio? Arriverebbero a casa all’ora di cena. Quando studiano? E così le insegnanti, la maggior parte del corpo docente. Come si può farle lavorare in classe nel pomeriggio inoltrato? Hanno figli, hanno una vita. La politica si accontenta dell’effetto annuncio, annunci che non hanno però basi solide, né calcoli consolidati. Da marzo ad oggi che è stato fatto sui trasporti pubblici? La metropolitana di Roma, ricordo alla ministra, spesso si ferma. No, l’ipotesi dello scaglionamento radicale non sta in piedi. A questo punto meglio la didattica digitale. La scuola resta l’agnello sacrificale di politiche o dissennate o superficiali”.
Antonello Giannelli, che dell’Anp è presidente nazionale, chiude: “È impossibile immaginare di fare turnazioni in queste condizioni, è inutile parlarne. Mancano docenti e cattedre, come si fa ad allungare l’orario?”. Sui trasporti, “ci sono grosse differenze tra le scuole di un paesino e quelle di una grande metropoli dove il traffico è congestionato”.
La Uil: “Piuttosto allungare il calendario scolastico fino a luglio”
Il sindacato è contrario. Pino Turi, segretario della Uil scuola, dice: “Siamo nella temporaneità degli annunci, invece bisognerebbe trovare una soluzione organica. Io ho chiesto una modifica del calendario scolastco, un allungamento dell’anno verso giugno, le prime settimane di luglio. Serve recuperare il tempo perduto. Non avrei problemi a impegnare la domenica, ma non c’è il personale per farlo. Ogni ministro di questo governo difende il suo fortino quando, invece, serve un progetto vero. La prima cosa da fare è un provvedimento, immediato, sul reclutamento”.
Francesco Sinopoli, segretario Flc Cgil: “Perché non c’è un punto di coordinamento nel governo? Perché la ministra dei Trasporti ci deve spiegare come funzionerà la scuola? Nessuno ci ha illustrato perché le scuole sono state chiuse e adesso non ci dicono perché vogliono riaprirle. Dobbiamo partire da qui, capire perché? I contagi sono calati? I contagi nelle scuole non erano un problema? Ci devono essere i tamponi, altrimenti come riapriamo gli istituti scolastici li richiudiamo. Non serve dilatare i tempi della scuola, ci vorrebbe l’esclusività del trasporto scolastico. I soldi adesso ci sono, ma bisogna mettere mano alle questioni di fondo”.
Anche la segretaria della Cisl scuola, Maddalena Gissi dice no. “Non ci scandalizziamo: di proposte strane ne abbiamo sentite tante Se qualcuno vuole dire cose concrete ci convochi, ne discutiamo al tavolo contrattuale. Si individuino le risorse economiche e umane che mancano, tutt’oggi, anche per le supplenze e i modelli organizzativi, poi discutiamo. Diversamente risulta l’ennesima provocazione che ha come unico effetto quello di demotivare chi l’attività didattica la sta svolgendo comunque e a qualunque costo per il bene dei ragazzi”.
L’Emilia-Romagna: “Riapriamo a dicembre”
Fuori dalla scuola, la reazione alla proposta “anche sabato e domemica” è diversa. Lettori di Repubblica scrivono: “Se siamo in emergenza occorrono scelte da emergenza. La scuola deve smettere di non assumersi responsabilità”. Interpreta questo blocco sociale il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, conterraneo e pari partito (Pd) della ministra De Micheli. A “Omnibus”, su La7, Bonaccini ha detto: “La capienza dei mezzi è scesa al 50 per cento e le direzioni scolastiche devono organizzarsi per avere turni pomeridiani. Capisco il sacrificio per le famiglie, ma piuttosto che fare lezioni in Dad credo sia meglio qualche sacrificio. Noi abbiamo aumentato il parco di 400 mezzi. Sono favorevole a ripartire con le scuole a dicembre”.
La Federazione trasporto persone (Fai) attraverso il suo presidente, Francesco Artusa, contesta i dati della ministra: “Abbiamo dubbi sui numeri dei diecimila bus disponibili, sono dati delle Regioni non verificabili. Non c’è bisogno di utilizzare il fine settimana per le scuole, serve aumentare le corse con un sistema ragionato che può far crescere la velocità commerciale dei mezzi. Per la trasmissione dei contagi sui mezzi pubblici, infine, non ci sono dati perché non esiste alcun tracciamento”.