Montedoro, Sutera e Vallelunga inseriti nei Borghi dei Tesori Fest 2021
Scritto da Alberto Barcellona on 14 Agosto 2021
Montedoro – Montedoro, Sutera e Vallelunga nella prima edizione del Borghi dei Tesori Fest 2021. I tre centri nisseni rientrano, infatti, tra i sessanta comuni che mettono in rete i loro tesori e ne aprono le porte per due weekend: 28-29 agosto e 4-5 settembre 2021. Borghi dei Tesori Fest è promosso dalla Fondazione Le Vie dei Tesori, in collaborazione con tutti i Comuni. La Fondazione organizza dal 2006 il Festival Le Vie dei Tesori nelle città d’arte siciliane: il più grande evento in Sicilia dedicato al patrimonio culturale. Montedoro è paese di stelle e miniere, arrivare da queste parti vuol dire camminare sulle tracce del Ciaula pirandelliano, tra antiche zolfare con nomi di sogno, antichi dammusi trasformati in case-museo e l’unica chiesa per poco più di mille abitanti. Paese di tradizioni antiche, di sudore e di fatica,come racconta il Museo della Zolfara, possiede paesaggi straordinari. Ed è anche la sede di uno dei più interessanti osservatori astronomici dell’isola – complice la grande luminosità del cielo – e di un planetario di ultimissima generazione, intitolato a Margherita Hack che sorge nel luogo che gli arabi chiamavano “El Minzar” (il panorama). Sutera nacque con gli arabi, e basta percorrere le stradine strette e gli incroci intricati del Rabato per rendersene conto. Da qui passarono Normanni, Svevi e Aragonesi, i Chiaramonte e i Moncada: ma anche a Sutera i contadini si autotassarono e comprarono il borgo nel 1535, rendendosi liberi. Su monte San Paolino c’è il convento settecentesco dei padri Filippini raggiungibile solo a piedi, nella chiesa di Sant’Agata si scopre il “blu azolo” siciliano. Lo chiamano “il balcone della Sicilia” per la vista spettacolare, dall’Etna al mare; nel 1987 Michael Cimino girò tra le case di gesso e malta, gran parte de Il Siciliano, il film che narra la storia del bandito Salvatore Giuliano. Vallelunga, ovvero “lungo una valle, vicino ad un ameno prato”: notizie del borgo si hanno già in epoca medievale, al tempo di Federico II, ma si dovrà attendere fino alla fine del XVI secolo per trovare la nobile famiglia dei Notarbartolo a capo dell’abitato. Sarà però il feudatario Pietro Martino, nel 1623, ad ottenere la famosa “licentia populandi”, per ripopolare il feudo. E’ terra di olio e di mandorle, di produzioni agricole e allevatori. Qui il tempo scorre lento e gentile, dalla voce degli anziani si ascoltano leggende e tradizioni. Come quella dei “curdara”, ovvero famosi artigiani specializzati nei finimenti per cavalli. E sono molte ancora le ricamatrici dalle cui dita leggere nascono pizzi e merletti.