Amedeo Minghi ieri sera a Delia (38 anni fa a Serradifalco)
Scritto da Michele Bruccheri on 28 Luglio 2024
Venne intervistato dal nostro direttore Michele Bruccheri (appena diciottenne: era l’11 agosto 1986). La prima conversazione con un vip. Nel gennaio 2005, su “La Voce del Nisseno” (versione cartacea), pubblicò questo prezioso documento intitolato: “La dolce melodia di Amedeo Minghi”. Al termine del concerto (complimenti al sindaco Gianfilippo Bancheri), l’ha incontrato e salutato (assieme a Nino Montante)
Mi concede un’intervista fiume. Ma dell’incontro conservo un ricordo a tratti di amara delusione, a tratti invece di compiaciuta soddisfazione. Un’altalena di emozioni e di sensazioni. Amedeo Minghi, noto cantautore romano, è dapprima arrogante e poi, pian piano, diventa morbido e disponibile. L’alterigia non è rivolta a me. Ce l’ha con gli organizzatori del concerto.
L’intervista, però, inizialmente, è condizionata dal fatto che lui dovrà esibirsi a tarda ora ed avendo un altro concerto il giorno dopo a centinaia di chilometri di distanza è furente e capriccioso. La conversazione, lunga e profonda, prosegue successivamente con toni più miti e sereni.
Quasi sessantenne – ben portati, gli anni – Amedeo Minghi sin dall’inizio della sua carriera ha una propensione per la melodia, un velato disprezzo per il rock e uno sviscerato amore per gli arrangiamenti orchestrali. Possiede innegabili doti di musicista. Potrei scrivere diffusamente di questo artista (tra l’altro, alla radio ho curato diverse monografie), ma oggi vi proponiamo i brani salienti della lunga intervista. Per una questione di economia, di spazio.
“Nel 1973 ho inciso il mio primo Lp intitolato ‘Amedeo Minghi’. Il mio primo grande successo è ‘L’immenso’. La passione per la musica – mi spiega – non si acquista, bisogna averla dentro. E la musica senza impegno non è niente. Suonare mi diverte e mi dà delle emozioni. Penso molto prima le canzoni che poi nascono. Ci rifletto molto. Quando poi trovo il tema lo scrivo e successivamente lo musico”.
Gli chiedo se nasca prima la musica e poi il testo o viceversa. Glissa e risponde: “La musica senza testo non ha senso. Sono entrambi importanti. Il testo, comunque, senza musica è un’insalata di parole. Ho trovato la mia dimensione personale di scrivere la musica”.
Amedeo Minghi è anche un arrangiatore fine e produttore discografico: “Sono romano ed ho sempre vissuto a Roma. Ho collaborato con Dalla, De Gregori, Venditti, Cocciante… Ho prodotto Castelnuovo, ad esempio. Con la musica – risponde ad una precisa domanda – non si fa la rivoluzione. Si fa con le idee, con i programmi. La musica può dare una mano, essere una bandiera. La musica deve stare lontana dalla politica. Al limite, dalla politica deve trarre degli insegnamenti”.
Ormai ha al suo attivo numerose incisioni discografiche, una ventina di lavori tutti all’insegna del grande successo popolare. Canzoni importanti, memorabili. Ne citiamo alcune: “La vita mia”, “Quando l’estate verrà”, “Cuore di pace”, “Un uomo venuto da lontano” (brano dedicato al Papa). E mentre mi parla della splendida canzone intitolata “1950” racconta quel periodo storico: “Beh, quel periodo è importante. Sono anni veri, che hanno fatto l’Italia. Gli anni Sessanta sono una mistificazione. Il boom che non c’era… nel 1950 era appena finita la guerra, la paura. È un periodo autentico, la gente ricominciava a vivere, iniziava la ricostruzione”.
Il cronista, insaziabilmente curioso, gli chiede di descrivere la fase preliminare del concerto, cioè lo stato d’animo che un artista prova prima del bagno della folla. Dopo un vago riferimento alla serata che dovrà affrontare (ricordate il ritardo dell’esibizione?), spiega: “C’è sempre un po’ di tensione e di nervosismo prima di cominciare. Poi giunge un’incredibile calma. Salire sul palcoscenico senza calma, tutto diventa più difficile”.
Senza peli sulla lingua ammette che odia la banalità e che “il futuro è una conseguenza del passato”. Quando gli chiedo quali siano i suoi difetti e le sue virtù, dapprima tenta di defilarsi, poi invece risponde: “Essendo del segno zodiacale del Leone, direi che sono troppo impulsivo (ride, ndr), un po’ orso. Mi piacerebbe stare più in disparte… Sono comunque buono, sono una brava persona”.
Il nostro incontro agostano ovviamente non può trascurare un riferimento all’estate anche in relazione al fatto che un suo lavoro discografico è denominato, appunto, “Quando l’estate verrà”. Minghi afferma: “L’estate è il momento dell’apparente libertà… Tutti, improvvisamente, si sentono belli, sportivi, ricchi… D’inverno invece siamo tutti più calmi e tranquilli… Il mio tempo libero è catturato sempre dalla musica. Mi piace vivere semplicemente, sebbene stia poco a casa. Leggo molto, di tutto – prosegue il cantautore romano –. Beh, darti i nomi è difficile. Dovrei nominare un’intera biblioteca. In questi giorni, comunque, sto leggendo Luigi Pirandello”.
Amedeo Minghi, romano, 57 anni ben portati, è sposato dal 1973 con Elena Paladino ed ha due figlie: Annesa e Alma. Negli anni Ottanta inizia il suo sodalizio artistico con Gaio Chiocchio. Nel 1990, a Sanremo, giunge terzo in coppia con Mietta. È autore di parecchie colonne sonore per il cinema e la Tv. “Ho scritto uno sceneggiato per la televisione – ammette fieramente – e un romanzo a puntate per la Rai, la radio. Sai, quei programmi del mattino”.
Le canzoni di Amedeo Minghi sono tenere, dolcemente malinconiche e sincere. Gli chiedo di parlarmi di Dio e dell’amore. Lo fa volentieri: “Noi siamo Dio… Noi siamo condizionati da un sacco di cose, di gente, persino dal clima… Tutto, comunque, è relativo. Per quanto riguarda l’amore posso dire che è una componente della vita, è una necessità. Senza amore è impossibile vivere”.
Sovente, prima di concludere un’intervista, chiedo un messaggio da regalare alla gente. Amedeo Minghi conclude la nostra lunga conversazione dichiarando: “Spero che facciamo un po’ meno bombe e un po’ più… cose”. E si ride con complicità.
MICHELE BRUCCHERI
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